DATE LORO VOI STESSI DA MANGIARE…
… E RACCOLSE RO 12 CESTE!
11-12.01.14
Esistono piccoli grandi gesti nella vita, che costano poco a chi li fa, ma possono davvero fare la differenza. In una società dove
la parola "crisi" è ridondante, decidere di spendere un po' del proprio tempo e di condividere quel poco che si ha con chi non
ha nulla sembra un gesto epico.
«Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualistica
che scaturisce dal cuore comodo e avaro (...).
Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta
più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l'entusiasmo di fare il bene.»
(Francesco, Evangelii gaudium 2013, 2).
Ben accetta, poco dopo aver festeggiato il Santo Natale, è stata l'idea di ospitare la mensa dei poveri per la cena di sabato 11
e il pranzo di domenica 12 gennaio, nell'auditorium "Padre Damiano" della parrocchia San Lorenzo da Brindisi di Taranto,
proposta dal parroco padre Francesco Monticchio, che sin dall'inizio ha voluto precisare una novità dell'iniziativa,
apparentemente un'inezia, ma grande nel significato:
la scelta di denominare questa iniziativa cena e pranzo CON I poveri e non DEI poveri;
la volontà, quindi, di volersi mettere accanto a queste persone bisognose e non al di là del bancone, offrendo sì un servizio,
ma freddo e indelicato.
Il concetto di poveri oggi è ben diverso se paragonato alla povertà in altri paesi o di qualche decennio fa.
I poveri delle nostre città molto spesso hanno una famiglia, una casa, ma sono persone che non riescono ad arrivare a fine
mese, sono anziani la cui pensione non basta, sono emigrati che non sanno neanche parlare l'italiano,
ma hanno tanta voglia di lavorare, sono ex detenuti ai quali tutti hanno voltato le spalle e che vorrebbero reinserirsi nella società.
Nelle nostre città egoistiche il concetto di povertà abbraccia quello di emarginazione, ma si può andare avanti solo vincendo
la paura dell'altro e abbattendo i preconcetti fomentati dai media.
Servendo gli antipasti, la pasta al forno, le polpette, preparate con tanto amore e con una grande sinergia
fra tutti i parrocchiani e il parroco,
ci si è resi conto di quanto sia un altro tipo di fame la vera piaga di questo secolo: chi era seduto a quei tavoli
aveva fame di affetto,
di comprensione, di ascolto, di accoglienza, di compagnia, di tutte le quelle cose delle quali ognuno di noi avverte la necessità.
La missione, come sottolineato da papa Francesco, è la chiamata di tutti i cristiani di oggi; è imprescindibile, è essenziale
e ognuno di noi è chiamato in causa, a seconda delle proprie capacità.
Perciò fondamentale è stato il lavoro silenzioso di chi ha contribuito preparando i pasti o facendo offerte
per l'acquisto della frutta o delle bevande,
non meno del lavoro di chi ha sistemato e pulito l'auditorium o di chi preparava le porzioni, serviva ai tavoli, o allietava
i pasti attraverso l'animazione musicale.
Questa è un'esperienza che lega, perché nel servizio ai più bisognosi è possibile rincontrare sé stessi, incontrare Cristo
e stringere forti legami,
anche
Un altro aspetto molto bello da evidenziare è stata l'accortezza di voler preparare dei pasti per tutti, evitando di utilizzare
alcuni ingredienti, come la carne di maiale, nel rispetto delle altre culture e delle altre religioni.
Per me non era la prima esperienza in questo senso.
Ma posso testimoniare come ogni volta sia diverso e ogni volta diversamente bello.
Poter anche semplicemente dire una parola scherzosa, ma allo stesso tempo far sentire ognuno di loro speciale è un
gesto che anche i più timidi possono fare.
Non servono grandi doti o abilità, basta un sorriso sincero e accogliente per poter rendere un atto scontato come
sparecchiare, un momento fuori dall'ordinario per te e per l'altro.
In particolare mi ha colpito un signore di 89 anni ed una signora più giovane, che durante il pranzo, hanno voluto recitare
poesie e cantare canzoni davanti a tutti.
È stata una cosa bellissima! Mi diceva, se ce ne fosse bisogno, fino a che punto ospiti e organizzatori eravamo
coinvolti nell’evento!
Quando, ritornato al posto, mi sono avvicinata al suo tavolo, mi ha chiesto se mi fosse piaciuta la sua esibizione,
mi ha abbracciato,
mi ha mostrato la foto in bianco e nero di sua madre e una foto di quando aveva la mia età, in guerra.
Ogni tanto, raccontandomi alcune cose si è commosso, ma poi mi ha ringraziato per averlo ascoltato e ha tirato
fuori dalla busta di plastica,
nella quale aveva gelosamente conservato le foto, un piccolo orsacchiotto di gesso, regalandomelo.
Chi, andando a servire alla mensa dei poveri, potrebbe mai aspettarsi qualcosa del genere?
E come può un gesto così semplice e genuino lasciarti indifferente?
A poco è importato cenare tardi o non pranzare proprio, a poco è importata la stanchezza di dover ospitare 120 persone,
perché, prendendo ispirazione dal Serafico Padre «sì è dando, che si riceve».
Antonella Torre,
terziaria francescana
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